lunedì 29 agosto 2011

Sull'informazione medica e farmacologica oggi





Qual è il limite, se c’è, tra informazione e pubblicità sui farmaci?

Il Decreto Legislativo 541 stabilisce che

"… è vietata la distribuzione al pubblico di medicinali a scopo promozionale... è vietata la pubblicità al pubblico di medicinali compresi nel prontuario terapeutico del Servizio Sanitario Nazionale...".

Quindi non si possono pubblicizzare in Italia i medicinali per cui è richiesta la prescrizione medica. Dove finisce l'informazione e dove inizia la pubblicità? Oppure dov'è che si confondono?
Nella rubrica "Par fuera" del Bollettino SIFO troverete un'ampia casistica da discutere, ma prima è necessario analizzare la questione; magari partendo dalle cose reali, quelle di tutti i giorni.

Tempo fa aspettavo il treno in stazione e un ragazzo, come accade in quasi tutte le città, mi ha dato un quotidiano free-press (quelli gratis tipo Leggo, Metro, City). In seconda pagina ho trovato questa notizia: "La molecola salvavita che sconfigge l'ictus. In Italia ogni anno 9000 vittime in meno. Ogni ora un ictus cerebrale in meno, ogni giorno 25, ogni anno 9000 in meno solo in Italia, nel mondo oltre un milione. Questo il risparmio in vite salvate, che porterà un farmaco, dabigatran etexilato il nome scientifico, i cui risultati sperimentali sono stati annunciati al Congresso Europeo di Cardiologia (ESC) in corso a Barcellona".

Alcuni giorni dopo, stessi giornali, notizia in prima pagina: "Ivabradina, dall'intuizione di uno scienziato italiano a farmaco salvacuore. È l'arma che permetterà ai cardiologi di salvare centinaia di migliaia di vite ogni anno fra chi soffre di scompenso cardiaco".
Mancava solo l'invito a portare l'articolo al proprio medico di famiglia, il quale, pare, non ne sappia nulla e sia poco informato. Allora ci pensa la stampa non specializzata, o il web, oppure il paziente stesso. La pubblicità è ovunque: TV e radio, siti internet e cartelloni stradali, pagine di giornali e di riviste.

Alcuni gruppi di consumatori chiedono che le autorità sanitarie aumentino i controlli sulla pubblicità dell'industria farmaceutica, per evitare che i pazienti siano danneggiati da informazioni fuorvianti. Molti medici pensano che queste pubblicità danneggino la relazione medico-paziente e inducano i pazienti a richiedere dei farmaci di cui non hanno bisogno e si sono mostrati preoccupati per gli effetti del battage pubblicitario sul comportamento dei pazienti, tanto da provocare la reazione energica di Mario Falconi, presidente della FIMMG, la Federazione Italiana dei Medici di Medicina Generale: "I sensazionalisti danneggiano soprattutto i cittadini e inoltre rischiano di creare distorsioni nel rapporto tra medico e paziente, nel quale il primo deve essere il punto di riferimento per ogni scelta terapeutica.

Non è accettabile che notizie miracolistiche possano rischiare di minare la fiducia che è la base di tale rapporto. E non è utile far credere ai pazienti che un farmaco, per quanto efficace, sia la soluzione di tutti i loro mali".

L'industria farmaceutica, dal canto suo, afferma che questi strumenti educano i pazienti sulle opzioni terapeutiche, consentendo loro di discuterne con il medico: in particolare, aumentano la probabilità che i pazienti contattino il proprio medico per discutere di condizioni spesso sotto-diagnosticate e sotto-trattate. "Ben difficilmente possono essere qualcosa di cattivo, se incoraggiano il dialogo medico-paziente". A proposito, avete letto sui quotidiani la promozione del sito doloremisterioso.it? Orribile! ( aggiunto dalla sottoscritta)

Ma quando sono nate queste incursioni della stampa non specializzata? Ecco alcuni esempi, a memoria.

Nel dicembre 1996 in USA fu autorizzato l'uso del donepezil, sulla base di report che segnalavano "miglioramenti altamente significativi nella valutazione globale clinica e cognitiva" in trial randomizzati della durata di 30 settimane in cui il farmaco aveva aumentato la proporzione di "trattamenti efficaci" del 245% .

Il farmaco fu lanciato nel Regno Unito tre mesi dopo. La stampa non specializzata e i mass-media riportarono le dichiarazioni di molti medici i quali prefigurarono "grandi cambiamenti per i malati e per i loro familiari", ma anche timori che il NHS non rifondesse il farmaco. Un professore vicino all'NHS dichiarò che il donepezil avrebbe ridotto i costi sanitari, perché avrebbe dimezzato l'incidenza del morbo di Alzheimer .

Questa è la prima lezione che dobbiamo imparare ; la seconda è: chi lo spiega ai malati di Alzheimer che le cose non sono andate così come diceva la stampa?

Ma andiamo avanti con una notizia da BBC news del 2003: "Il professor Kim Fox del Royal Brompton Hospital di Londra dichiara che l'utilizzo del perindopril per quattro anni nella malattia coronarica avrebbe evitato almeno 100.000 morti in un paese di 60 milioni di abitanti".

Tutti la vogliono, tutti la cercano: la rosuvastatina è stata annunciata in tv e sui quotidiani come la pillola magica contro il colesterolo . Secondo una ricerca presentata al congresso annuale dell'American College of Cardiology, tenutosi ad Atlanta, la rosuvastatina è in grado non solo di abbassare i livelli di colesterolo Ldl (quello "cattivo"), ma anche di diminuire lo spessore delle placche di aterosclerosi: la riduzione della placca nei vasi sanguigni, come afferma la multinazionale che produce il farmaco, è stata del 9,1% su 349 pazienti.
Raffreddore addio, uno spray lo sconfiggerà . Per gli autori della scoperta si intravede la possibilità del premio Nobel. E per tutti i sofferenti del raffreddore si avvicina la fine del naso che cola e degli starnuti. L'eccezionale passo avanti è frutto di studiosi di un centro famoso in tutto il pianeta: il Laboratory of Molecular Biology dell'Università di Cambridge, ribattezzato "la fabbrica dei Nobel" per il numero di premi che ha vinto (quattordici).
È possibile che diventino 15, quando l'impatto di questa nuova scoperta comincerà a farsi sentire.
Allora una domanda: mi sembra che il vero scopo dei mezzi di comunicazione sia sempre meno quello di informare il cittadino e sempre di più quello di formare il perfetto consumatore. I confini tra pubblicità e informazione si fanno ogni giorno più indefiniti: non è che si sta aggirando la legge sull'informazione diretta ai pazienti? Per non parlare del web e delle notizie/pubblicità che con questo mezzo vengono diffuse.


Articolo pubblicato su Bollettino SIFO, settembre-ottobre 2010.

Doriana

8 commenti:

  1. La risposta sta proprio nell'ultimo periodo, il cittadino visto come consumatore. Ormai non c'è più differenza fra un dentifricio e un antibiotico quando ci si rivolge a un potenziale acquirente, cioè noi.
    Post interessante che parla anche di etica medica.
    Lorenzo

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  2. Ciao Lorenzo, bentornato su questo blog:)
    L'argomento di questo articolo è trattato in modo non plateale, ma molto fermo nelle sue intenzioni, l'informazione è al servizio del commercio e non della scienza. Bisogna ricercare però le colpe anche alla medicina, ai medici stessi e, perchè no, anche a noi farmacisti. C'è sempre stata difficoltà a reperire informazioni DOVEROSE sulla propria salute anche dai medici di base. Avrai notato però che le farmacie, da qualche anno, si sono molto aperte al cliente pur rimanendo noi dei seri professionisti.
    Un problema ancora aperto, una presa di coscienza doverosa da parte di tutti i soggetti coinvolti.
    Grazie del commento:)
    Doriana

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  3. e l'incredibiel possibilità di acquistare medicinali dal web senza controlli...

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  4. Infatti Giardy!!! Già postai un post riguardo l'argomento. Grazie per averlo ricordato.
    Doriana

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  5. A mio opinabilissimo parere (e in assoluta controtendenza), il sottoscritto è chiaramente favorevole alla situazione che è presente negli USA, dove (1.) non vi sono ipocriti vincoli nella pubblicità dei medicinali e dove (2.) il cittadino non è considerato un minus habens che deve essere tutelato e protetto dal Grande Fratello... cioè dallo Stato.

    Scendendo nei dettagli, come è stato ottimamente riportato vi è un problema di fondo: “Dove finisce l'informazione e dove inizia la pubblicità?”.
    Il nocciolo di questo problema di fondo è che – nel contesto del concreto mondo della realtà “terra-terra” - è irrisolvibile.
    Nel contesto del concreto mondo della realtà “terra-terra” si deve – ahimè! – ammettere che non si riesce a definire “una linea – minimamente condivisa - di demarcazione” fra l’ informazione e la pubblicità.
    Si ricorda che la frase attribuita a tanti personaggi, fra cui un pubblicitario della Coca Cola, secondo cui "Parlatene pur male, purchè se ne parli".
    Apro una parentesi di "politica italiana".
    Non mi schiero, tra l’ altro, a favore o contro Berlusconi, ma è indubbio – come è stato ammesso da tutti - che il successo politico del Silvio è attribuibile – anche - al fatto che tante persone si sono autodefinite antiberlusconiani e in questo modo – lo ha detto Bersani – si fa avvampare il fuoco della popolarità del Berlusca. In conclusione, se la questione della linea di demarcazione fra informazione e pubblicità diventa un nodo gordiano, deve essere risolta - né più né meno - come ha fatto Alessandro il Grande.

    Per quanto riguarda il punto (2.), personalmente ritengo offensivo l’ atteggiamento di coloro che - facendo riferimento a persone adulte - dicono “Non voglio che certi messaggi arrivino alle tue orecchie per proteggerti! Lo faccio per il tuo bene, che tu sei un povero scemo e io invece so cosa è meglio per te!”.

    Come se in USA, dato che è possibile effettuare la pubblicità televisiva ai farmaci etici, tutte le farmacie e gli studi medici fossero sotto assedio da parte di fiumane di pazienti che vogliono quel prodotto decantato dalla pubblicità!!
    L’ essere umano è stupido, ma non così stupido. Ed è meglio che sbagli di per sé, che farsi mettere il paraocchi da altri stupidi.
    Almeno, io la penso così.

    Ciao a tutti

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  6. Che l'informazione sia anche pubblicità concordo, del resto l'etimologia ce lo avidenzia, pubblico, cioè rendere noto.
    Oggi però per pubblicità si intende informazione a pagamento e qui casca l'asino. Pagare per rendere noti farmaci potrebbe andare bene per quelli che definiamo : " da banco", ma quando invece a essere pubblicizzati sono tutta una serie di antibiotici allora io sono nettamente contraria.
    Negli USA esistono poche regole al riguardo e vale la regola: tutto ciò che non è proibito è lecito. Ma tisembra giusto che nei supermercati si possano vendere farmaci pericolosi per la salute? Io dico di no. Se lasciamo " al commerciale" il dettare le regole per la loro vendita sono convintissima che andremo incontro a dei guai ove il limitare la libertà individuale di cui tu fai cenno sembrerà una sciocchezza.
    Non sto a raccontarti tutti gli episodi che confermano la mia tesi, ma come esempio posso dirti che da anni esistono ceppi microbici ormai immuni da qualsiasi antibiotico, e questo grazie all'uso smodato di questi ultimi.
    Non si tratta di tenere per la cravatta le persone, si tratta di salvaguardare la gente da pericoli reali e molto gravi.
    Vedi, sbagliare per sè è lecito, e forse utile, ma nel caso dei farmaci questi errori mettono in pericolo anche la salute di tutti. E qui allora un governo deve fare la sua parte.
    Grazie del tuo intervento, molto bello
    Doriana

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  7. Ciao Doriana, come stai?
    Condivido senz'altro l'impostazione del tuo post, che è molto chiaro quanto a contenuti e molto scorrevole quanto a forma espositiva.
    Sul tema in oggetto la penso come te, infatti mi pare che tenda a prevalere una mentalità sensazionalistica (giusto quindi denunciare l'esistenza di "sensazionalisti", persone in carne ed ossa).
    Sensazionalismo che finisce per infondere nelle persone l'idea che esistano cure o farmaci quasi magici.
    E da qui, arriviamo al miracolismo.
    L'esaltazione di farmaci ritenuti erroneamente in grado di debellare mali insidiosissimi, si salda peraltro all'attuale Zeitgeist, allo spirito del (nostro) tempo.
    Uno Zeitgeist che vede la religione non come amore per l'altro ma come ricerca del miracolo e del taumaturgo.
    Un'economia ed una politica che vede nel mercato, nel successo individuale e nel profitto la panacea e non punta invece al bene comune ed all'eliminazione della fame e delle disuguaglianze sociali.
    Uno sport che punta al record e non al benessere del corpo e della mente.
    E potremmo continuare a lungo.
    Un caro saluto!

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  8. Bell'intervento Riccardo e hai colto la causa o lle cause della nostra società, apparire e vendere a tutti i costi.
    Nel caso della farmacologia io questa volta terrei fuori i pazienti e non li chiamerei nemmeno clienti, ma persone a cui necessita una cura.
    In questa giungla di " offerta curativa" è ovvio che uno vada da chi gli promette di più, è questione di salute.
    Ecco perchè ci vorrebbe una legge più ferrea, proprio per garantire la professionalità di chi vuole lavorare nel settore con serietà.
    Avrai notato che c'è gente che contesta queste mie affermazioni solo rifacendosi alla libertà e al libero mercato. Io lo trovo deletereo, sarebbe come dire che chiunque può fare il medico.
    Grazie del commento Riccardo e una baciotto
    Doriana

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